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IL PROBLEMA DELL'INSABBIAMENTO DELLE FOCI PORTUALI

Osservando le antiche cartografie che rappresentano l'andamento dei litorali antistanti la laguna di Venezia e le sue aree adiacenti si notano, in successione da NE a SW, almeno nove bocche di accesso che potevano essere utilizzate fin dall'epoca romana.

- La foce della Piave Vecchia o Porto di Jesolo.
- Il porto di Lio Maggiore (occluso).
- Il porto dei Tre Porti. Il Porto di Sant'Erasmo.
- Il Porto di San Nicolò di Lido.
- Il Porto di Malamocco.
- Il Porto di Prestene, o Porto Secco, (Albiola), (occluso).
- Il Porto di Chioggia.
- Il Porto di Brondolo (Foce del Bacchiglione).

La bocca di San Nicolò di Lido si andava progressivamente insabbiando a causa della vicina foce del Piave (Piave Vecchia) che oltre a provocare innondazioni su vaste aree al confine della laguna nord e tra il Piave stesso e la Livenza, riversava in mare enormi quantità di sabbia che, nel loro slittamento verso SW avevano già occluso l'antico porto di Lio Mazor e minacciavano l'accesso portuale di San Nicolò.
La regressione marina, che raggiunse la sua punta massima alla fine del 1400, aggravò ulteriormente la situazione già precaria con un fondale in rapida diminuzione su tutta l'area lagunare. I Veneziani si volsero allora con tutte le loro forze ad attivare e conservare la Foce di Malamocco.
Questa, grazie alla notevole distanza rispetto alla foce del Piave (a Nord) e dell'Adige-Po (a Sud) presentava maggior possibilità di essere preservata dall'insabbiamento. Significativo, a questo proposito, è un documento dell'Archivio Di Stato di Venezia in cui è decretata la nomina di Antonio Berengo ad Ammiraglio (leggi Pilota) del Porto di Malamocco.
La nomina porta la data del 28 Agosto 1492. Il 1 Marzo 1943 l'ammiraglio Antonio Berengo presenta ai Savi alle Acque la sua relazione sulle condizioni del porto di San Nicolò di Lido: "...La verità me trovo esser de piè XV havea per avanti dentro della fuosa, me trovo in XIII, si che in mesi cinque sono atterrato piè (+) II. Considera le M.V. in anni quattro non avrete acque per una barcheta...".
Nota: un Piede Veneto (+) = 34,7 cm. Il documento relativo alla nomina di Antonio Berengo afferma quanto segue: "Essendo che mediante l'ingegno e l'industria del Nostro Fedelissimo Populiens Antonio Berengo la Nostra Nave grando il quale ultimamente è tornato disarmato e contro il consiglio e opinione della maggior parte di Peota & Huomini di San Nicolò sia stata condotta per inconsueto Porto nominato Materale (leggi Malamocco) al detto Populiens..."
Alla foce di Malamocco si dette pertanto via alla costruzione di numerosi moli guardiani, "palade" e "speroni" per bloccare il movimento delle sabbie, preservare la foce e garantire il passaggio delle navi fino a Poveglia.
I secoli passavano e la situazione alla foce di San Nicolò di Lido si aggravava sempre di più a causa dell'invasione della sabbia e malgrado l'ingressione marina che, alla fine del 1500, aveva fatto notevolmente risalire il livello del mare.
Alla fine del 1700, malgrado tutti gli sforzi compiuti dalla Serenissima per scongiurare l'occlusione di quella foce, il porto di San Nicolò di Lido era da considerarsi "spento". Il fondale sulla barra non superava i 7 piedi veneti (3,2 mt.). Nel 1727 venne scavato il Canale si Santo Spirito, detto "Canale di Grande Navigazione".
Esso congiungeva Poveglia al bacino di Sant'Elena e San Marco e consentiva alle navi di attraccare direttamente nel cuore della città provenendo da Malamocco.
Malgrado tutte le opere di protezione delle foci portuali messe in atto dalla Serenissima, l'insabbiamento delle bocche di porto proseguiva inesorabile.
Vi era un solo modo per arrestare definitivamente questo fenomeno: la costruzione di una diga rettilinea che - partendo da un caposaldo della linea di costa - presso la foce, proseguisse direttamente verso il mare fino a raggiungere fondali considerevoli (8 mt.).
Ma il governo della Serenissima non volle mai adottare questa soluzione e chiuse invece la sua storia millenaria realizzando un'ultima grandiosa opera ingegneristica: I murazzi di Caroman (sotto la guida di Bernardino Zendrini) dal 1740 al 1784.
Siamo infatti agli ultimi anni di vita della Repubblica di Venezia. Il 15 Maggio 1797 le truppe francesi dell'Armée d'Italie (agli ordini del Generale Napoleone Bonaparte), fanno il loro ingreso in città decretando la fine della Serenissima. Il "tornado Napoleonico" si abbatte su Venezia con avvenimenti e ruberie che esulano da questa ricostruzione storica ma che, per quanto ci riguarda, condusse nel 1806 al progetto di una grande diga rettilinea atta a sbarrare definitivamente il passo all'avanzata delle sabbie sulla foce di Malamocco. I francesi riuscirono però a realizzare solo una parte del progetto, vale a dire la "diga parabolica" che dall'attuale "zona militare" giunge al faro della Rocchetta. Il progetto francese fu in seguito realizzato, durante la dominazione austriaca, tra il 1840 e il 1845. Direttore dei lavori venne nominato Pietro Paleocapa.
Alla costruzione della Diga Nord seguì la costruzione della Diga Sud (1853 - 1856). L'opera, una volta completata, rispondeva ad un duplice scopo: - da un lato essa bloccava (specialmente la Diga Nord) il flusso di sabbia proveniente dalle foci del Piave consentendo altresì la nascita di un vasto territorio sabbioso tra l'antico nucleo degli Alberoni ed il mare, dall'altro, la particolare conformazione delle dighe produceva una corrente di marea così veloce da dragare e livellare naturalmente i fondali della bocca di porto. Questi passarono rapidamente dai - 7 mt. del 1856 ai - 10 mt. livellati del 1872.
Con la definitiva sistemazione del Porto di Malamocco, ha inizio una serie di opere, sia sulle bocche di porto lagunari che all'interno stesso della Laguna, condotte dal Governo Italiano, dapprima sotto il Regno Sabaudo (1866 - 1946), poi sotto la Repubblica Italiana dal 1946 ai giorni nostri.

Stralcio della carta del Genio Civile (1897 -1901) riproducente il porto di Malamocco.



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